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Mediazione immobiliare: clausole vessatorie nel contratto tra il mediatore e il cliente

Mediazione immobiliare: clausole vessatorie nel contratto tra il mediatore e il cliente

Alcune linee guida per la predisposizione del contratto di mediazione poste a tutela del mediatore.

Nella mediazione immobiliare è ormai diffusa la prassi di utilizzare modelli standard di contratti di mediazione, predisposti dal mediatore per la conclusione di una moltitudine di affari dello stesso tipo.

A questi contratti il cliente si limita ad aderire, con la mera sottoscrizione del contratto e con la specifica approvazione delle clausole vessatorie, senza che tra mediatore e cliente si svolga alcuna trattativa.

Tuttavia questa prassi se, da un lato, può sembrare molto vantaggiosa per il mediatore, dall’altro può esporlo al rischio che alcune clausole del contratto, ossia quelle vessatorie – che comportino uno squilibrio contrattuale significativo a svantaggio dell’aderente (il cliente) – possano essere ritenute inefficaci e considerate come non apposte.

Al fine di evitare ogni contestazione stragiudiziale e giudiziale da parte del cliente, il mediatore dovrà adottare alcune cautele per predisporre un modello di contratto valido, specialmente alla luce della disciplina dettata dagli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo in tema di clausole vessatorie.

Com’è noto, infatti, si presumono vessatorie, salvo prova contraria, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, Codice del Consumo, tutte le clausole che limitano o escludono la responsabilità del professionista; che limitino o escludano le azioni o i diritti del consumatore, che consentono al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere la stessa possibilità per il consumatore;
che impongono al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo; che riconoscono al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto e così via.

L’avv. Federico Lerro precisa che il predetto elenco di clausole vessatorie, c.d. “lista grigia”, rende la specifica approvazione per iscritto di una clausola vessatoria effettuata dal consumatore non sufficiente a provare che queste siano state oggetto di trattativa individuale con il cliente e ad escluderne la presunta vessatorietà.

Infatti, la normativa in discorso richiede un vero e proprio accertamento della vessatorietà delle clausole ex art. 34, alla luce dei seguenti elementi (i) la natura del bene o del servizio oggetto del contratto, facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende (ii) se sia intervenuta o meno trattativa individuale con il cliente (in quanto non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale).

L’art. 36, secondo comma, Codice del Consumo prevede poi che alcune clausole, ossia quelle che hanno l’effetto di i) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
ii) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
iii) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto, debbano considerarsi vessatorie e nulle anche se tra le parti sia intervenuta una specifica trattativa.

Pertanto, di fronte alle clausole citate dall’art. 36 Codice del Consumo, non solo non è sufficiente a scongiurare un giudizio di vessatorietà la semplice sottoscrizione delle singole clausole, ma anche la prova di una intercorsa trattativa non basta; infatti, in tal caso il cliente rimane sempre libero di farne valere l’inefficacia.

Al fine di evitare questo pericolo, il mediatore nell’utilizzare un contratto standard/prestampato – con il quale potrà sia acquisire l’incarico dal Cliente sia disciplinare il rapporto con lo stesso – dovrà adottare tutti gli opportuni accorgimenti.

In particolare, è ormai diffusa la prassi di inserire nei prestampati una clausola di irrevocabilità per l’aderente, in forza della quale quest’ultimo si obbliga a mantenere l’incarico fino alla scadenza fissata nel contratto.

Tale clausola deve presumersi vessatoria nella misura in cui riconosce al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto.

L’avv. Federico Lerro titolare dello Studio Legale LDS evidenzia che “al fine di eliminare l’abusività di detta clausola si potrebbe pattuire l’irrevocabilità anche per il mediatore, che peraltro non ha alcun interesse a recedere dall’incarico, posto che è suo intrinseco interesse mantenerlo sino alla scadenza naturale, aumentando così per lo stesso la possibilità di vendere il bene immobile”.

Allo stesso modo è costante la prassi di inserire nel contratto una clausola penale per il caso, ad esempio, in cui la parte revochi l’incarico oppure si rifiuti di concludere il contratto alle condizioni previste o concluda l’affare direttamente con le persone conosciute a seguito dell’attività svolta dal mediatore e così via.

La predetta clausola – avverte l’avv. Lerro – è vessatoria allorquando l’importo da pagarsi a titolo di penale sia manifestamente eccessivo, pari all’importo della provvigione o al doppio della stessa o nel caso in cui l’aderente violi la clausola di esclusiva. In questo caso, tale clausola è passibile di nullità e dovrà considerarsi inefficace, salvo sia stata oggetto di una specifica trattativa tra il mediatore e il cliente.

Tuttavia, anche laddove il mediatore riesca a dimostrare che la clausola penale sia stata oggetto di una trattativa con l’aderente, l’ammontare della penale manifestamente eccessiva potrà, ai sensi dell’art. 1384 Codice Civile, essere diminuita equamente dal Giudice.

Un’altra clausola che può generare contestazioni è la clausola di esclusiva, inserita nei moduli/prestampati dai mediatori per scongiurare il rischio che l’affare venga portato a termine da un altro mediatore.

Attraverso tale clausola, infatti, è possibile per il mediatore limitare la libertà contrattuale del Cliente, impedendogli di affidare l’incarico ad altri mediatori, prevedendo, in caso di mancato rispetto della clausola di esclusiva, una penale.

Tale clausola limitando la libertà contrattuale dell’aderente nei confronti dei terzi si presume vessatoria ex art. 33 e seguenti del Codice del Consumo.

L’avvocato precisa che il mediatore può sempre inserire nel proprio contratto una clausola di esclusiva; tuttavia, al fine di riequilibrare il rapporto contrattuale ed evitare contestazioni, sarebbe opportuno concedere in cambio qualche prestazione a vantaggio dell’aderente.

Ovviamente sono poi da considerarsi vessatorie e quindi inefficaci/nulle, anche se oggetto di trattativa individuale, quelle clausole che limitano o addirittura escludono la responsabilità del mediatore. Lo stesso dovrà dirsi delle clausole con cui il Cliente dichiara che alcune o tutte le clausole contenute nel contratto di mediazione siano state oggetto di specifica trattativa.

In ultimo, si presume vessatoria e sarà passibile di inefficacia la clausola con la quale si prevede un foro non coincidente con quello di residenza dell’aderente. Infatti, la disciplina del consumatore ha istituito un foro ad hoc, esclusivo e derogabile soltanto a seguito di comprovata trattativa individuale.

Alla luce delle considerazioni sopra spiegate, lo Studio Legale LDS non solo offre tutela al mediatore in caso di contestazione del contratto ma, soprattutto, lo assiste e lo guida il testatore nella redazione del modulo o formulario.

 

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