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Report convegno “Ambiti di risarcibilità del danno biologico di natura psichica:Psicologia, Medicina e Giurisprudenza a confronto”

La giornata di lavoro, dal tema “Ambiti di risarcibilità del danno biologico di natura psichica: psicologia, medicina e giurisprudenza a confronto”, tenutasi presso Sala del Mosaico, ex Borsa Merci Camera di Commercio  – Bergamo il giorno 8 Aprile 2017 , è nata con l’intento di esplorare le situazioni nei quali, in qualità di professionisti, ci si può trovare di fronte ad un danno psichico, o comunque ad una aggravante del danno biologico che abbia a che vedere con lo stato psicologico del soggetto. Tale giornata seguiva un momento di confronto avvenuto in novembre 2016, dove era emersa la necessità di parlarsi tra professioni diverse per favorire l’emersione, e la corretta identificazione, di tale condizione giuridica e medica, al fine di giungere ad attribuirle dignità e risarcibilità. Entrambi i convegni sono stati organizzati dall’Avv. Federico Lerro e dalla Dott.ssa Loretta Moroni, insieme al CentroMoses di Milano e Treviglio.

 

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L’intervento di apertura è del Dott. Paolo Galeazzi, Medico Chirurgo ed esperto in Medicina Legale e delle Assicurazioni. Viene inquadrato e definito il danno biologico nella sua evoluzione storica con particolare riferimento al danno psichico ed alla sua risarcibilità in sede civilistica, ovvero indennizzabilità in ambito di infortunistica privata. Appaiono da subito evidenti le difficoltà di risarcibilità dovute in parte ad una materia, quella psicologica, più “scivolosa” rispetto a quella medica e sulla quale raggiungere il consenso tra parti in causa è più complesso e le sfumature possibili molteplici. Le difficoltà aumentano quando sono coinvolte le assicurazioni, in quanto raramente ne accettano il riconoscimento e anzi, tendono a prevenirlo.

 

Segue l’intervento dell’ Avv. Federico Lerro, patrocinante in Cassazione, che esplora la giurisdizione in materia di danno biologico e domanda risarcitoria. Al fine di una collaborazione multidisciplinare è stato mostrato l’iter che porta i professionisti coinvolti (avvocato, medico legale, psicologo, assicuratore) a certificare l’esistenza del danno psichico, e quali obblighi e responsabilità hanno gli attori coinvolti. Riguardo alla domanda da sostenere giudiziariamente è stato posto in rilievo che ogni richiesta risarcitoria venga istruita con la necessaria documentazione medica al fine di ottemperare all’onere probatorio richiesto. Si è dibattuto circa la legge n. 24 dell’ 8 marzo 2017 (c.d. Legge Gelli), che ha apportato una vera e propria rivoluzione in materia di responsabilità civile e penale del medico e della struttura sanitaria e il cui obiettivo principale è quello di ridurre il contenzioso in materia di c.d. malpractice medica, nonché di garantire ai pazienti vittime di casi di malasanità risarcimenti più sicuri ed in tempi più brevi. Appare evidente come il tema della responsabilità del medico e della struttura sanitaria rispetto al paziente, al fine di non arrecare danno ne biologico ne psichico, sia ora, e finalmente,  sotto[LM1]  i riflettori.

 

L’intervento della Dott.ssa Letizia Bossini, Medico Chirurgo specialista in Psichiatria, responsabile dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (www.vittimeterrorismo.it) introduce il convegno nel vivo dell’argomento, presentando la clinica e la psicopatologia dei disturbi trauma correlati, con particolare riferimento al DPTS (Disturbo da Stress Post Traumatico) che è stato il primo disturbo psichiatrico ad avere una causa eziologica nota ad essere inserito nel manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali (DSM-V). Approfondendo il Disturbo e le sue caratteristiche neurobiologiche e di funzionamento cerebrale, è apparso chiaro come esso possa rappresentare un danno organico per di più ad eziologia nota e come, in presenza di una clinica ben definita e consolidata da ormai annosi studi, ricercare il nesso di causalità sia tautologico. Viene sottolineato come non sia la natura del trauma a determinare l’insorgenza di un DPTS, quanto piuttosto lo stato di vulnerabilità nel quale si trova la persona al momento del trauma: qualsiasi evento negativo può essere traumatico se sorprende il soggetto impreparato a gestirlo razionalmente, e colpisce un’area specifica del cervello creando un blocco e un danno visibile neurologicamente. Infine si sottolinea come un disturbo di personalità preesistente possa aggravare il quadro clinico, ma che questo non diminuisce né la gravità del PTSD né la sua sostenibilità.

 

Il ruolo dello psichiatra è una diagnosi medica, mentre il ruolo dello psicologo è di compiere una diagnosi funzionale. L’intervento della Dott.ssa Loretta Moroni, Psicologa e Psicoterapeuta, collaboratrice del CentroMoses di Milano, ha l’obiettivo di definire e specificare il ruolo dello psicologo nella valutazione del danno psichico e gli strumenti a sua disposizione per indagare il nesso di causalità, laddove necessario e lo stato di personalità precedente l’evento lesivo. Vengono presentate la struttura e le caratteristiche di una consulenza psicologica di parte, con i suoi i limiti e potenzialità, sottolineandone le caratteristiche di brevità e non invasività, ma al contempo di rigorosità nell’utilizzo di questionari di riconosciuta validità e di maggiore obiettività possibile nel resoconto clinico. La diagnosi non si fa col cuore e la psicologia dispone sempre più di strumenti precisi e affidabili.  Sono passati in rassegna alcuni test diagnostici per la valutazione dello stato psicologico globale, tra cui la batteria CBA 2.0., e alcune scale specifiche per il trauma (Scala DES, Scala IES-R). E’ quindi presentato il questionario MMPI-2, ampiamente conosciuto all’interno del contesto giuridico per la valutazione della personalità del soggetto, preesistente quindi l’evento lesivo. E’ infine posta l’attenzione al concetto di simulazione, e ad alcune scale poste all’interno dei questionari presentati per individuare il simulatore, oltre ad un questionario specifico (SIMS).

 

Il primo ambito nel quale si può osservare un danno psichico alla persona viene affrontato dalla  Dott.ssa Maria Giuseppina Canevisio, Psicologa e Psicoterapeuta, docente e supervisore AIAMC, co-fondatrice e responsabile del CentroMoses di Treviglio, che espone il tema del danno biopsicologico in famiglia. Con il termine “famiglia” si intende il primo ambiente in cui il singolo individuo è inserito e che permane, nella maggior parte dei casi, per tutta la vita. Viene innanzitutto sottolineato come il rapporto con i familiari contribuisce a fornire molti degli strumenti fondamentali per l’inserimento nella comunità e che la famiglia del ventunesimo secolo è ormai molto varia e complessa con la delineazione di nuove tipologie di famiglia: quella di soggetti appartenenti allo stesso sesso; la famiglia di convivenza; la famiglia di secondo matrimonio.  L’osservazione clinica e numerosi studi hanno osservato un rapporto causale tra eventi di vita e l’insorgenza di alcune sindromi psicopatologiche e i cambiamenti della personalità; inoltre, sono state indagate le componenti biologico/encefaliche, sociali e contestuali nella risposta allo stress.  I conflitti tra appartenenti di una stessa famiglia in particolare sono da tempo identificati e studiati dalla psicologia poiché possono portare a forme di violenza che si configurano come veri e propri danni psicofisici, transitori o permanenti. Vengono quindi esplorate le tipologie di violenza, che non è solo fisica ma anche psicologica, come in caso di intimidazione, violenza emotiva, violenza morale e isolamento. Viene infine sottolineato che più la violenza è perpetrata nel tempo, più il danno diventa esteso e permanente, giustificando, qualora ce ne fosse bisogno, maggiore attenzione dei professionisti che per diversi motivi entrano in contatto con la famiglia.

 

Questo tema si collega perfettamente con l’attenzione verso il danno psichico al minore, di cui ci parla il Dott. Filippo Marconi, Psicologo Psicoterapeuta e Giudice Onorario TdM, collaboratore del CentroMoses di Milano e Treviglio. Vengono presentate le esperienze che possono danneggiare lo sviluppo psicologico di un minore, e quali elementi è importante prendere in considerazione per valutare l’esistenza o meno di un danno psicologico. Occorre considerare che in caso di danno al minore, l’intenzione di nuocere da parte degli attori coinvolti è irrilevante. Il danno può configurarsi come danno cerebrale che incide sullo sviluppo (es: sindrome del bambino shakerato), esperienze sfavorevoli infantili, esperienze traumatiche spaventose per il bambino, trascuratezza, quindi omissione di cure, maltrattamento sia fisico che psicologico, abuso emozionale, abuso sessuale, violenza assistita, ambiente familiare malsicuro o dannoso, lutto. Nel caso del minore, quindi, la situazione si complica per l’esistenza di moltissime sfaccettature e implicazioni possibili. L’importanza di questo argomento risiede nella delicatezza e vulnerabilità dell’età evolutiva, che è la fase della vita in cui i soggetti sono più sensibili alle esperienze sfavorevoli, peraltro spesso sottovalutate, e rischiano maggiormente di esserne danneggiati.

 

L’ultimo, ma non certo meno importante, ambito di danno psichico considerato nella nostra giornata di lavoro, è presentato dal Dott. Paolo Campanini, Ph.D. in Medicina del lavoro, Psicologo e Psicoterapeuta, consigliere dell’Ordine Regionale degli Psicologi della Lombardia. L’intervento è dedicato all’approfondimento dello stress, lo sforzo sul lavoro (e mobbing) e il trauma psichico e la sua disciplina nei contesti lavorativi. Viene affrontata la metodologia della valutazione del danno e in special modo il concetto di nesso causale (o concausale) tra le condizioni di stress lavorativo e danno, che in tale ambito non è così evidente e dimostrabile come nei precedenti. A volte, capita che nelle valutazioni dei danni da stress sul lavoro ci sia un eccesso di semplificazione che rischia di tralasciare elementi importanti per definire il nesso causale. Inoltre, vi è sempre il tentativo di identificare i tratti di personalità come causa unica del malessere. Occorre considerare che non esiste una legge specifica sul mobbing, che per essere tale deve essere ripetuto e regolare e ci deve essere uno sbilanciamento di potere tra parti in causa. L’intervento mostra come la valutazione del danno da stress sia una delle valutazioni più complesse che vede nella dinamicità della relazione individuo-ambiente la soluzione più adeguata.