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La disciplina dei rapporti patrimoniali dei conviventi di fatto: il contratto di convivenza

La disciplina dei rapporti patrimoniali dei conviventi di fatto: il contratto di convivenza

Studio Legale LDS, 7 febbraio 2017

Con l’art. 1, commi 36-65 della Legge n. 76/2016, in vigore dal 5 giugno 2016, il legislatore ha dato finalmente un riconoscimento giuridico ed una disciplina normativa alle convivenze di fatto.

Così, ai sensi dell’art. 1, comma 36, i conviventi di fatto sono “due  persone  maggiorenni  unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di  reciproca  assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

Gli interessati –sia se residenti presso il medesimo indirizzo quanto se residenti presso indirizzi diversi- possono presentare “la dichiarazione per la costituzione di una convivenza di fatto” presso gli Uffici anagrafici del Comune.

La vera novità però consiste nel fatto che, ai sensi del predetto art. 1, comma 50, i conviventi di fatto possono disciplinare i loro rapporti patrimoniali mediante la sottoscrizione di un contratto di convivenza.

 Il contratto di convivenza deve essere redatto in  forma scritta mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, unitamente all’attestazione di conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Ecco quindi un’altra importante novità, consistente proprio nel fatto che l’autentica della firme apposte sul contratto di convivenza potrà essere resa anche da un avvocato (e non solo dal Notaio),  che ne attesterà contestualmente la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Ai fini dell’opponibilità ai terzi, i contratti di convivenza con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato devono essere trasmessi dal professionista al Comune di residenza dei conviventi a mezzo PEC entro i successivi 10 giorni dall’avvenuta stipula.

Quanto al contenuto del contratto, questo, oltre all’indicazione dell’indirizzo indicato da ciascuna parte per le comunicazioni inerenti al contratto medesimo, può contenere:

i)        l’indicazione della residenza dei conviventi;

ii)       le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale e casalingo;

iii)     il regime patrimoniale della comunione dei beni di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile (modificabile in qualunque momento nel corso della convivenza);

iv)    il contratto non può essere sottoposto a termine o condizione (nel caso in cui le parti inseriscano termini o condizioni, questi si hanno per non apposti).

Il contratto di convivenza, modificabile in qualsiasi momento, può ovviamente essere anche risolto su accordo delle parti; oppure per recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona oppure ancora per morte di uno dei contraenti.

Nel caso di recesso unilaterale da un contratto di convivenza l’interessato dovrà rivolgersi al professionista (avvocato o notaio) per notificare copia del recesso unilaterale all’altro contraente all’indirizzo risultante dal contratto. Nel caso in cui poi la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.

Nel caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, la parte che ha contratto matrimonio o l’unione civile deve notificare al convivente di fatto l’estratto di matrimonio o di unione civile; una copia dovrà essere notificata anche al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza.

 In caso di morte di uno dei contraenti: il convivente superstite o gli eredi del deceduto dovranno notificare l’estratto dell’atto di morte al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, che provvederà a notificare il contratto con l’annotazione della risoluzione del contratto all’anagrafe del comune di residenza.

In ultimo, in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’articolo 438, secondo comma, del codice civile.