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Il giovane disoccupato ha diritto al risarcimento del danno per la perdita di capacità lavorativa

Il giovane disoccupato ha diritto al risarcimento del danno per la perdita di capacità lavorativa

La Sezione Terza Civile della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 23791 del 7 novembre 2014, ha riconosciuto sussistente il danno per la perdita di capacità lavorativa anche in capo al giovane non occupato; e ciò senza necessità di fornire la prova di quello che sarebbe stato il lavoro in futuro.

Tale pronuncia, che si pone sulla linea tracciata da altre pronunce conformi in materia del giudice di legittimità (così, ad esempio, Corte di Cassazione n. 17219 del 29 luglio 2014), si riferisce ad un caso in cui, a seguito di un incidente stradale, il soggetto danneggiato – ventenne e non occupato al momento del sinistro – aveva formulato in giudizio richiesta di risarcimento per i gravissimi danni subiti a causa del sinistro ivi compreso, anche il danno patrimoniale patito per la perdita della sua capacità lavorativa.

In effetti, la grave menomazione psicofisica in capo ad una soggetto comporta, quasi sempre, una drastica riduzione delle capacità lavorative, per cui anche le chances di competizione lavorativa futura della persona e, conseguentemente, la capacità di potenziale futuro guadagno, potranno essere inevitabilmente compromesse.

Appare ovvio – precisano i professionisti dello Studio Legale LDS – che un giovane non occupato possa riscontrare maggiore difficoltà a trovare occupazione, stante la drastica riduzione delle sue capacità lavorative cagionata dalla menomazione psicofisica subita.

D’altra parte, l’esclusione del danno patrimoniale in un soggetto non ancora occupato, che subisce una menomazione psicofisica, costituirebbe la violazione del principio del diritto alla riparazione integrale del danno da illecito, allorché tale posta risarcitoria sia stata dedotta e provata, con l’accertamento della sola compromissione dell’attività di guadagno in relazione all’età della vittima, cui è preclusa la concorrenzialità lavorativa.

Sul punto, la Corte di Cassazione nella citata pronuncia, ha chiarito come “la perdita delle chance del giovane non occupato, in relazione alla perdita della concorrenzialità lavorativa giustifica la liquidazione equitativa del lucro cessante tenendo conto dell’effetto permanente del pregiudizio e della sua gravità obbiettiva”.

In conclusione, una volta dedotta e provata la grave menomazione psicofisica subita dalla giovane vittima non occupata, tale da determinare una preclusione della concorrenzialità lavorativa della stessa, il Giudice dovrà procedere ad una liquidazione equitativa del lucro cessante, tenuto conto ovviamente “dell’effetto permanente della limitazione conseguente all’invalidità psicofisica, dell’età della vittima all’epoca del sinistro, oltre che di un contesto storico e sociale aggravato dalla disoccupazione giovanile”.

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