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Il furto nei supermercati

Il furto nei supermercati

Autore del furto sorpreso dalla sorveglianza oltre la barriera della cassa con la merce occultata senza aver pagato: furto tentato o consumato? La questione passa alle Sezioni Unite.

A causa della crisi economica, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento esponenziale di furti nei supermercati, che costringe ad una lotta senza quartiere sia le forze dell’ordine, sia i gestori e i proprietari dei grandi magazzini.

In tale contesto, la Corte di Cassazione è stata chiamata in plurime occasioni a dirimere l’annosa questione della corretta qualificazione del furto come tentato o consumato, con specifico riferimento all’ipotesi in cui un soggetto sottragga la merce dagli scaffali dell’esercizio commerciale e, sotto il costante controllo del personale di sorveglianza, sia fermato dopo il superamento della cassa con la merce occultata senza avere pagato.

Sul tema si registra un innovativo orientamento della giurisprudenza di legittimità il quale, ponendosi in netto contrasto con l’indirizzo tradizionale, dà una differente interpretazione alla problematica dell’esatta individuazione del momento consumativo del furto di merce sottratta in un esercizio commerciale in cui si pratichi la vendita con il sistema “self service”, dandone una soluzione più rigorosa.

Questo nuovo indirizzo giurisprudenziale viene sancito nella sentenza n. 30283, pronunciata in data 24 luglio 2012 dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, la quale così recita: “in tema di furto nei supermercati, costituisce furto consumato e non tentato quello che si commette all’atto del superamento della barriera delle casse con la merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza. Infatti, il momento consumativo si realizza già allorché la merce venga dall’agente nascosta in tasca o nella borsa in modo da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare, comportando tale condotta oltre alla sottrazione anche l’impossessamento della cosa”.

L’avv. Francesca Rossetti segnala altre due recenti decisioni della Quinta Sezione Penale della Corte di legittimità, la n. 20838 del 7 febbraio 2013 e la n. 1701 del 16 gennaio 2014, le quali, aderendo alla stessa linea interpretativa, esprimono senza alcun dubbio un’inversione di rotta da parte della giurisprudenza di legittimità.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale tradizionale (ex multis Cass. Pen., Sez. IV, 2 novembre 2010, n. 38534), allorché l’avente diritto o la persona da questi incaricata sorvegli l’azione furtiva così da poterla interrompere in qualsiasi momento, il delitto non può ritenersi consumato neanche con l’occultamento della cosa sulla persona del colpevole, poiché il bene non è ancora uscito dalla sfera di vigilanza e controllo diretto dell’offeso.

A tale assunto il Supremo Collegio giunge sulla scorta del rilievo per cui la predisposizione di un corpo di sorveglianza e di un sistema di monitoraggio a distanza all’ interno di un grande magazzino ha proprio la funzione di impedire la commissione di furti della merce esposta.

In particolare, laddove il personale di sorveglianza dovesse decidere di intervenire nel momento in cui il reo ha superato le casse, per propria scelta e a difesa del diritto patrimoniale, esso impedirebbe la realizzazione della condotta di impossessamento.

L’indirizzo tradizionale richiama il principio secondo il quale la condotta integrante la fattispecie delittuosa del furto sia da ripartirsi a sua volta in due micro-condotte, la sottrazione del bene altrui e l’impossessamento, le quali si svolgono in tempi diversi e scandiscono il passaggio del bene dalla sfera di signoria del proprietario a quella del ladro.

In concreto, in base a questa interpretazione, solo qualora il soggetto attivo sottragga inosservato la merce da uno scaffale del negozio, lo nasconda nelle tasche dell’abito o nella borsa e superi indenne le barriere allarmate poste all’uscita del supermarket il furto potrà qualificarsi come consumato.

Infatti, in questo caso, l’agente non compie soltanto gli atti preparatori della condotta tipica del delitto di furto, ma anche gli atti esecutivi, portando a compimento l’impossessamento, attraverso il passaggio della res dalla sfera di dominio del proprietario a quella del ladro.

Ove, invece, il reo ponga ugualmente in essere l’elencata sequenza di azioni sebbene monitorato, seppur inconsapevolmente, dagli addetti alla vigilanza, la fattispecie criminosa del furto rimane confinata allo stadio del tentativo punibile.

Anziché prediligere il criterio di effettività dell’impossessamento, la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha qualificato la medesima condotta in termini di furto consumato evidenziando che, laddove il reo abbia superato la barriera delle casse, non rileva la circostanza che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza.

Il Supremo Collegio precisa che le due micro-condotte esecutive integranti l’elemento oggettivo del delitto di furto, sottrazione del bene altrui e impossessamento, nel caso di specie non vanno ripartite secondo anteriorità e posteriorità temporale, ma coincidono, poiché il soggetto agente spostando il bene dai banchi o dagli scaffali e celandolo all’ interno di una borsa o tra le pieghe dell’ abito, realizza già un impossessamento anche momentaneo o transitorio, a prescindere dal superamento degli addetti alla vigilanza pronti ad intervenire.

Il superamento delle barriere, infatti, varrebbe esclusivamente a rendere manifesta, non solo internamente ma anche esternamente, l’avvenuta consumazione del delitto ed opererebbe più sul piano della prova che su quello dell’integrazione degli elementi tipici della fattispecie.

In attesa dell’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite Penali, alle quali la Suprema Corte ha rimesso la risoluzione di tale vexata quaestio con ordinanza datata 22 gennaio 2014, l’avv. Francesca Rossetti ed il dott. Giovanni Rampa osservano che, allo stato, sarà certamente più difficile per l’imputato sostenere la tesi della configurabilità del tentativo ed ottenere, pertanto, uno sconto di pena.

Alla luce di quanto sopra esposto, l’avv. Rossetti ed il dott. Rampa rilevano che gli Ermellini della Quinta Sezione, consci dell’allarme sociale determinato da tali fatti delittuosi, attraverso un ragionamento rigoroso ma al contempo attento a non snaturare la fattispecie del furto, sono riusciti a rafforzare la tutela nei confronti dei titolari di esercizi commerciali e a rendere effettiva la condanna di crimini, molto spesso non sanzionati in modo esemplare.

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