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Sinistro stradale tra parenti

Sinistro stradale tra parenti

La Cassazione (sentenza n. 19796/2013 sezione terza civile) ha affermato il principio secondo cui “I soggetti che non sono considerati terzi e che, di conseguenza, ove danneggiati in un incidente stradale imputabile al conducente del veicolo, non possono fruire dei benefici assicurativi, sono individuati nel coniuge, non legalmente separato, nel convivente more uxorio, negli ascendenti e nei discendenti legittimi, naturali o adottivi del conducente del veicolo responsabile del sinistro …, nonché negli affiliati e negli altri parenti e affini fino al terzo grado, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l’assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento”.

CHE COSA È SUCCESSO – La questione sottoposta al vaglio della Cassazione riguardava un sinistro stradale ove l’auto condotta da Tizio, ma di proprietà del figlio Caio, tamponava quella di Sempronio, altro figlio di Tizio, provocando a quest’ultima autovettura ingenti danni materiali.

Sempronio decideva di adire le vie giudiziarie nei confronti del fratello Caio e dell’assicurazione, affinché previo accertamento della responsabilità esclusiva del padre Tizio, venissero condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni subiti. Il Giudice di Pace adito accoglieva la domanda attorea, ritenendo inapplicabile l’art. 4, lett. B) della legge n. 990 del 1969 nei confronti di Sempronio, in quanto non convivente con il conducente o con il proprietario dell’autovettura danneggiante. Sul gravame proposto dall’assicurazione, il Tribunale riformava la sentenza di primo grado e rigettava la domanda avanzata da Sempronio, che veniva condannato a restituire all’assicurazione le somme ricevute. Tuttavia, Sempronio proponeva ricorso in Cassazione.

LA TESI DI SEMPRONIO (cd. ricorrente): A sostegno delle proprie pretese, il ricorrente asseriva che il Tribunale avesse errato nell’applicazione dell’art 4, lett. b) della legge n. 990 del 1969 e successive modificazioni, poiché la norma – nell’escludere il diritto ai benefici assicurativi in capo a determinati soggetti, non considerati terzi – fa riferimento al rapporto tra danneggiato ed assicurato e non già a quello tra danneggiato e conducente. Nel caso di specie, infatti, l’assicurato era il fratello di Sempronio, tra i quali non vi era alcun rapporto di convivenza, e non il padre che era il conducente responsabile del sinistro.

LA TESI SOSTENUTA DALLA CORTE DI CASSAZIONE: La Corte di Cassazione aveva mosso il proprio ragionamento dall’art 4, comma 2, lett. b) della legge n. 990 del 1969 che, dopo aver affermato, al primo comma, l’esclusione del conducente dai benefici assicurativi in quanto non soggetto terzo, aveva, poi, al secondo comma, escluso dai medesimi benefici, limitatamente ai danni alle cose, tra gli altri, “il coniuge non legalmente separato, il convivente more uxorio, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi del conducente del veicolo responsabile del sinistro …, nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l’assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento”. La Corte, poi, ricordava che anche il codice delle assicurazioni private (D.Lgs n. 209 del 2005) che aveva abrogato la legge del 1969, ad essa sostituendosi, aveva riaffermato i medesimi principi all’art. 129. La Suprema Corte, a tale proposito, aveva precisato che (i) la norma fa riferimento al rapporto tra danneggiato e conducente e che (ii) dalla norma in esame si evincono due gruppi di soggetti che sono esclusi dai benefici assicurativi per il danno alle cose, ossia coniuge, ascendenti e discendenti del conducente, da un lato, e affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado, dall’altro, precisando che solo per questi ultimi l’esclusione dai benefici assicurativi è legata al rapporto di convivenza con il conducente stesso o al loro mantenimento da parte di quest’ultimo.

Inoltre la Suprema Corte aveva sostenuto che la ratio di una simile disposizione dovesse essere ravvisata nel timore di agevolare sinistri non genuini e nella possibilità che il danno riportato da un familiare potesse risolversi in danno di tutti, stante l’unicità del patrimonio in presenza almeno di una comunità di interessi. Pertanto, Sempronio non aveva diritto al risarcimento dei danni in quanto, ai sensi dell’art 4, secondo comma, lett. B) della legge del 1969, in seguito abrogata dall’art 129 del codice delle assicurazioni private, era discendente legittimo di Tizio, conducente del veicolo responsabile del sinistro. Inoltre, a nulla rilevava, nel caso de quo, la circostanza che non convivesse con quest’ultimo, dal momento che solo per affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado l’esclusione dai benefici assicurativi è legata al rapporto di convivenza con il conducente stesso o al loro mantenimento da parte di quest’ultimo.

IN CONCLUSIONE: La Suprema Corte, alla luce delle considerazioni sopra esposte, rigettava il ricorso promosso Sempronio e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Assicurazione.

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