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Responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica: il consenso informato

Responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica: il consenso informato

Quando l’attività medico-chirurgica cagiona alla salute e alla vita dei malati eventi pregiudizievoli, ci si domanda se il paziente aveva deciso di sopportarne il rischio.

Com’è noto, infatti, il medico e la struttura ospedaliera hanno l’obbligo di informare (c.d. consenso informato) il paziente dei rischi connessi alle operazioni medico-chirurgiche, per non incorrere in responsabilità.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 438 del 2008, ha definito l’obbligo informativo dei sanitari e dell’Azienda Ospedaliera, c.d. consenso informato, espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e diritto della persona in virtù dei principi espressi dagli artt. 2, 13 e 32 Cost., in forza dei quali rispettivamente: sono tutelati e promossi i diritti fondamentali dell’individuo; la libertà personale è inviolabile; nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge.

In effetti, l’omessa acquisizione del c.d. consenso informato da parte del chirurgo e dell’Azienda Ospedaliera giustifica la domanda risarcitoria basata sulla mancata prestazione di detto consenso da parte del malato, indipendentemente dalla condotta colposa del medico nell’esecuzione dell’intervento chirurgico.

La Suprema Corte, chiamata di frequente a pronunciarsi in materia, ha recentemente (Cass. Civ. Sez. III, sentenza del 11 dicembre 2013, n. 27751) affrontato il caso di una bambina che, sottoposta ad un intervento di tonsillectomia, ha trovato la morte per il distacco precoce dell’escara e la conseguente emorragia, senza che venisse assolto l’obbligo informativo dai sanitari e dalla struttura ospedaliera.

In particolare, la sentenza della Corte d’Appello di Perugia, impugnata davanti alla Corte di Cassazione, aveva ritenuto imprevedibili/straordinarie le circostanze che avevano portato alla morte la minore e, pertanto, aveva escluso che i medesimi dovessero essere oggetto di informativa da parte del chirurgo e della Azienda Ospedaliera.

Così, la Suprema Corte, uniformandosi alle sue precedenti pronunce, ha cassato la pronuncia della Corte d’Appello, precisando, dapprima, che “la finalità dell’informazione, che il medico è tenuto a dare, è quella di assicurare l’autodeterminazione del paziente, in quanto, senza il consenso informato, l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente”.

La Corte di Cassazione ha poi proseguito precisando che “nell’ipotesi di inosservanza dell’obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto viene pertanto a configurarsi a carico del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisce) una responsabilità per violazione dell’obbligo di consenso informato, in sé e per sé, non assumendo alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell’illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno. Ciò che rileva è che il paziente, a causa del deficit di informazione, non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza, fisica e psichica”.

Infine, la Suprema Corte ha chiarito che l’obbligo di informazione “non si estende ai soli rischi imprevedibili ovvero agli esiti anormali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit, in quanto una volta realizzatesi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento chirurgico e l’evento lesivo. Ma, al di là di tale limite, il professionista sanitario ha l’obbligo di fornire al paziente tutte le informazioni scientificamente possibili sull’intervento chirurgico, che intende eseguire, sulle conseguenze normalmente possibili sia pure infrequenti (tanto da apparire straordinari), sul bilancio rischi/vantaggi dell’intervento”.

Sulla scorta di questa importante pronuncia della Corte di legittimità, l’informazione deve essere completa ed esaustiva, non solo in relazione alle terapie e/o all’intervento chirurgico, ma anche e soprattutto in relazione ai rischi e agli esiti anormali, onde garantire così al paziente il diritto di autodeterminazione.

Image courtesy of David Castillo Dominici FreeDigitalPhotos.net