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Le indagini difensive dell’avvocato

Le indagini difensive dell’avvocato

L’indagine da fonti dichiarative: un importante strumento per attuare il principio di parità tra accusa e difesa.

La difesa di un indagato non è cosa facile, poiché i poteri del P.M. che svolge le indagini sono davvero forti.

Con il termine indagini difensive si intendono tutte le attività di investigazione e di indagine che il difensore può svolgere, nell’interesse del proprio assistito, in parallelo rispetto a quelle del Pubblico Ministero e sono uno strumento introdotto per cercare di attuare il principio di parità tra accusa e difesa.

Questa è una grande possibilità che può essere validamente sfruttata dall’avvocato e dall’assistito, che dovrà valutare l’opportunità di esercitarla, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto.

Sono due le categorie di investigazione: l’indagine da fonti dichiarative e le c.d. investigazioni dirette.

L’indagine da fonti dichiarative, finalizzata a reperire una futura prova testimoniale, disciplinata dall’art. 391 bis c.p.p., ha delineato tre modi attraverso i quali è possibile assumere informazioni: il colloquio non documentato, la richiesta e relativa ricezione di informazioni scritte e l’assunzione di informazioni da documentare.

Il colloquio non documentato consiste in un’attività informale, il cui scopo è quello di “acquisire notizie” per un utilizzo meramente interno al mandato difensivo, ossia per permettere al difensore di delineare la propria tesi difensiva basandosi sulle possibili fonti dichiarative, in modo da verificare chi siano i soggetti in grado di riferire circostanze utili.

Un altro strumento previsto è la richiesta e ricezione di dichiarazione scritta, che dovrà essere firmata dalla persona informata dei fatti in originale e su ogni foglio di cui la dichiarazione stessa si compone. Andranno indicate la data in cui è stata ricevuta, le generalità del richiedente e dell’autore della dichiarazione, l’attestazione che al dichiarante siano stati rivolti alcuni avvertimenti, imposti dall’art. 391 bis c.p.p., e ovviamente l’indicazione delle circostanze oggetto della dichiarazione.

L’ultimo strumento di investigazione da fonti dichiarative è l’assunzione di informazioni da documentare, che potranno essere utilizzati direttamente nel procedimento, per l’esercizio del diritto di difesa.

La richiesta di informazioni da documentare deve risultare da un verbale, redatto secondo le modalità indicate dall’art. 391 ter c.p.p.: il difensore o i suoi sostituti devono informare la persona della propria qualità e dello scopo dell’incontro. Le persone contattate sono tenute a dichiarare se sono sottoposte a indagini o imputate nello stesso procedimento o in un procedimento connesso o per reato collegato: in questi casi, infatti, dell’atto deve essere dato avviso al loro difensore, la cui presenza è necessaria al fine del compimento dello stesso. Le persone sentite hanno, inoltre, la facoltà di non rispondere o di non rendere le dichiarazioni richieste, ma il difensore può richiedere l’intervento del pubblico ministero perché ne venga disposta l’audizione. In ogni caso, incorrono nelle responsabilità penali conseguenti alle false dichiarazioni.

L’avv. Federico Lerro ricorda come la violazione di tali regole comporti l’inutilizzabilità sul piano processuale delle dichiarazioni ricevute e delle informazioni assunte e costituisca grave illecito disciplinare: “All’assunzione delle informazioni, non possono assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private; è vietato, inoltre, richiedere notizie sulle risposte date alla polizia giudiziaria o al P.M. al fine di evitare l’interferenza nelle linee investigative della Procura della Repubblica”.

L’avv. Lerro ritiene che la scelta tra una delle varie modalità di assunzione delle informazioni attenga alla sensibilità del legale e alla costruzione della linea difensiva che si vuole porre in campo, nonché alla volontà di utilizzo delle stesse nel procedimento, e andrà ovviamente valutata caso per caso.

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