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La revocatoria fallimentare

La revocatoria fallimentare

L’azione con la quale il curatore può ricostruire il patrimonio del fallito per soddisfare i creditori

Ogni qual volta viene dichiarato il fallimento di una società, il curatore è l’Organo del fallimento che, investito della qualifica di pubblico ufficiale, viene incaricato dal Tribunale di gestire la procedura e amministrare il patrimonio dell’imprenditore fallito, allo scopo di liquidarlo e di soddisfare i creditori ammessi al passivo, cercando di pagare loro i crediti.

All’apertura del fallimento, pertanto, l’imprenditore fallito viene privato dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni che ancora esistono e di quelli che ancora pervengono, e tutti i poteri passano al curatore che svolgerà le proprie attribuzioni nell’interesse della procedura e dei creditori che partecipano al concorso.

Per questo motivo, il curatore potrà e dovrà cercare di riportare nella procedura quei beni che sono stati alienati dall’imprenditore nell’imminenza del fallimento e che hanno depauperato la ricchezza aziendale, al fine di ricostruire l’attivo fallimentare per fare in modo che possa essere soddisfatto un numero maggiore di creditori.

Ciò avviene attraverso l’azione della revocatoria fallimentare, con la quale si fa perdere efficacia giuridica a ogni atto compiuto dal debitore fallito volto a minare la par condicio creditorum (ossia il principio per il quale tutti i creditori dell’imprenditore fallito al momento della dichiarazione di fallimento sono soggetti alle medesime condizioni se desiderano vedere soddisfatte le proprie pretese creditorie).

“Quando un debitore insolvente ha posto in atto, prima di fallire, disposizioni che hanno inciso negativamente sul proprio patrimonio, depauperandolo, tali atti possono essere colpiti e privati di efficacia, attraverso l’azione di revocatoria fallimentare: il curatore, espressamente autorizzato ad agire dal giudice delegato, può così ricostruire il patrimonio del fallito che servirà a soddisfare i creditori, facendovi rientrare i bene fatti uscire ad hoc dall’imprenditore” spiegano gli avv.ti Filippo Scarpino e Federico Lerro.

Gli atti suscettibili di essere revocati devono avere il tratto comune di essere atti anomali o anormali, in quanto non riconducibili alla fisiologica attività d’impresa e senz’altro causa di un pregiudizio al patrimonio del fallito, e quindi dei suoi creditori, e devono essere compiuti nel così detto “periodo sospetto” cioè nel corso dell’ultimo anno o, a seconda dei casi, degli ultimi sei mesi prima della sentenza di fallimento: il terzo beneficiario dell’atto soggetto a revocatoria avrà esso solo l’obbligo di riuscire provare che ignorava lo stato di insolvenza dell’imprenditore fallito.

In questo sistema di cose, l’onere della prova sarà quindi a carico del terzo, che dovrà fornire la prova che al momento in cui ha stipulato l’atto pregiudizievole con l’imprenditore poi fallito non era a conoscenza dello stato di insolvenza di quest’ultimo.

Invece, nel caso in cui si voglia ottenere la revocatoria dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, degli atti a titolo oneroso e di quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento, spetterà al curatore fallimentare dimostrare che il terzo beneficiario conosceva lo stato di insolvenza dell’imprenditore poi fallito.

Nel caso in cui i terzi abbiano ottenuto dal fallito garanzie, in caso di revocatoria verranno retrocessi dal rango privilegiato a quello chirografario.

L’azione revocatoria si proporrà con atto di citazione dinanzi al Tribunale del fallimento e andrà esercitata entro tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dalla data di compimento dell’atto che si intende revocare.

“La legge descrive una serie di atti che, pur compiuti nel periodo sospetto, non potranno essere sottoposti all’azione revocatoria, tra cui la vendita a giusto prezzo di immobili destinati ad abitazione principale dell’acquirente o di suoi stretti parenti o affini, i pagamenti effettuati nell’esercizio normale dell’impresa, i pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti”, spiegano i professionisti dello Studio Legale LDS.

L’avv. Federico Lerro ricorda che, qualora un creditore sia in possesso di precise informazioni tese a dimostrare che il fallito ha posto in essere atti di depauperamento del patrimonio, è opportuno riferire le notizie al curatore stimolandolo ad attivare nel più breve tempo possibile l’azione di revocatoria.

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