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Sintesi della ricerca CENSIS: Diventare Genitori Oggi

Sintesi della ricerca CENSIS: Diventare Genitori Oggi

Indagine sulla fertilità/infertilità in Italia

Roma, 1 ottobre 2014 – FONDAZIONE CENSIS

Sintesi della ricerca

 

La genitorialità come dimensione individuale

L’esperienza della genitorialità appare centrale nel vissuto degli italiani sia sotto il profilo culturale che esistenziale. E’ quanto emerge dall’indagine condotta dalla FONDAZIONE CENSIS. Nel campione intervistato il 74,6% è già genitore, il 2,6% è in attesa di un figlio e il 22,8% non ha figli. Tra coloro che non vogliono figli, o non vorrebbero averne più, il 40,7% hanno già il numero di figli desiderati mentre il 63,7% ritiene di essere troppo avanti negli anni per averne.

Due è il numero medio di figli a cui si tende. Sotto i 35 anni la quota di genitori si ferma al 29,8% in linea con la tendenza a posticipare la scelta della procreazione e come confermato dalle statistiche ufficiali (secondo l’Istat l’età media delle madri nel 1995 era pari a 29,8 anni e nel 2011 è cresciuta sino a 31,4 anni). Per il 46% (che superano il 50% nel caso dei laureati) una donna dovrebbe iniziare a preoccuparsi di non avere ancora figli non prima dei 35 anni.

Per la stragrande maggioranza del campione la genitorialità è considerata in primis un aspetto cruciale della realizzazione individuale. Il significato assunto dal figlio è per se stessi e per il proprio vissuto personale rispetto alla dimensione di coppia, per la quale il figlio dovrebbe essere il naturale completamento.

La procreazione ammessa anche fuori dal setting tradizionale

Questa centralità della dimensione individuale può contribuire a spiegare anche la significativa quota di italiani che tende ad ammettere la possibilità di avere figli anche al di fuori dello schema classico della coppia eterosessuale tradizionale.

Circa la metà del campione (46,3%) è favorevole a questa opportunità per i single ed il 29,2% per le coppie omosessuali. L’appartenenza alla fede cattolica esercita un’influenza limitata, che riguarda di fatto solo i cattolici praticanti tra i quali, peraltro, la quota di favorevoli si riduce, ma non in modo drastico. Questa quota tende ad essere più bassa tra i più anziani, gli abitanti al sud e isole, e i meno istruiti, con maggiori differenze di opinioni in merito alla possibilità di essere genitori anche per le coppie omosessuali. Per l’86,2% degli intervistati avere figli è importante allo stesso modo per la donna e per l’uomo.

Il peso della dimensione economica sulla fertilità e l’insufficienza delle politiche pubbliche

Se da una parte gli italiani attribuiscono alla genitorialità l’importanza di una dimensione esistenziale, dall’altra sono consapevoli che oggi in Italia si fanno pochi figli. I dati ufficiali segnalano l’ulteriore drastica caduta della natalità nel 2013, con un tasso dell’8,5 per 1.000 abitanti, rispetto al 9,0 per 1.000 del 2012, pari a -3,7%.

Per circa la metà degli intervistati il peso della crisi economica attuale è tra le principali cause della denatalità, e comunque un forte deterrente. L’83,3% afferma che la crisi rende più difficile la scelta di avere un figlio anche per chi lo vorrebbe. Questo aspetto viene sottolineato in misura maggiore proprio tra gli under 34 anni (90,6%), che sono quelli che più subiscono l’impatto della crisi e i più coinvolti nella decisione della procreazione. Il 60,7% del campione ritiene che se migliorassero gli interventi pubblici in grado di aiutare i genitori su vari fronti (sussidi, asili nido, sgravi fiscali, orari di lavoro più flessibili, permessi per le esigenze dei figli, ecc.) le coppie sarebbero più propense ad avere figli. I più convinti hanno dai 35 ai 49 anni e, con ogni probabilità, sono quelli che in misura maggiore si trovano a confrontarsi con le responsabilità dell’essere genitori.

Il 35% degli intervistati (fascia dei più giovani che spesso non sono ancora genitori) nega che la scelta di avere un figlio possa dipendere dalle politiche sociali affermando che il valore della procreazione è una scelta individuale e privata. Sgravi fiscali ed aiuti economici sono la modalità di supporto più indicata (70,6%) che il governo dovrebbe fare a sostegno delle famiglie. Il 56% si riferisce ai costi di educazione dei figli, come rette scolastiche e servizi di mensa o di trasporto. Il 67% ritiene che debbano essere potenziati i servizi per la prima infanzia, come gli asili nido.

In sintesi, si evince che le attuali politiche pubbliche siano sostanzialmente insufficienti nel sostenere le coppie nella decisione di diventare genitori, decisione tendenzialmente auspicata ma comunque più difficile a causa della crisi.

 

L’infertilità, una dimensione su cui ci sono dubbi e incertezze

Altro aspetto indagato è stato quello dell’infertilità, tema per sua natura complesso con un suo personale retaggio di credenze popolari. Verificare l’informazione degli italiani sul tema è comunque importante quanto meno sotto il profilo della prevenzione.

Il 45,1% degli italiani intervistati ammette di saperne poco e unito al 15,0% che afferma di non essere per nulla informato crea una maggioranza del 60% di poco o per nulla informati sulla infertilità, quota che anche tra i laureati si attesta sulla metà del campione. Tra il 40% di informati, il 16,4% dichiara di esserlo perché coinvolto in maniera più o meno diretta nel problema, che ha riguardato una persona vicina all’intervistato (9,6%) o direttamente lui o il partner (6,8%). Il dato è in linea con le stime fornite dall’OMS che indicano intorno al 15% le coppie con problemi di infertilità nei paesi industriali avanzati.

Ancora più elevata la quota di intervistati che ritiene che gli italiani siano poco o per nulla informati sia sul tema della infertilità (78,1%) che su quello ancor più complesso delle metodiche per la procreazione medicalmente assistita (PMA) (80,6%). Tuttavia, dalle risposte fornite in merito ad alcuni aspetti specifici della infertilità emerge che il 70,2% degli intervistati sa che la difficoltà a concepire si può manifestare anche dopo aver avuto un primo figlio (infertilità secondaria). La quota più alta del campione (44,0%) afferma che una coppia che desidera un figlio dovrebbe cominciare a preoccuparsi di non averlo ancora concepito dopo 24 mesi, a fronte di poco meno del 30% che non andrebbe oltre un anno di attesa. Va ricordato che per l’OMS l’infertilità è l’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti.

Maggiori incertezze emergono indagando le possibili cause dell’infertilità. La metà degli intervistati sa che non esiste una prevalenza di cause maschili o femminili ma che dipende dai casi e il 33% ritiene che nella maggior parte dei casi l’infertilità sia legata alla presenza di problemi in entrambi i partner. La causa più citata è quella più generica. Il 30,9% indica lo stress, a seguire le problematiche femminili quali anomalie strutturali (21,3%) e problemi ormonali e ovulatori (14,7%). L’11,0% cita genericamente problemi che riguardano l’uomo ed il 5,7% problemi legati al liquido seminale. Ma il 23,5% non è in grado di fornire alcuna risposta.

Il professionista a cui rivolgersi in caso di infertilità rimane il ginecologo per il 62,9% del campione intervistato, l’andrologo/urologo per il 2,7% e solo un italiano su 4 indica il MMG.

La PMA, questa sconosciuta

Infine si è voluto verificare il livello di informazione sulla procreazione medicalmente assistita (PMA) e chiedere un giudizio sulle diverse tecniche, rispetto alle quali risultano rilevanti anche gli aspetti etici. Il vero discrimine nelle opinioni degli italiani non sta tanto nell’opzione tra inseminazione in vivo e fecondazione in vitro (rispettivamente i favorevoli alla omologa in vivo sono l’84,6% ed alla omologa in vitro sono il 72,9%) ma tra inseminazione/fecondazione omologa o eterologa.

Su quest’ultima è d’accordo una quota molto più ridotta di intervistati, pari a circa il 40%. Le posizioni risultano influenzate dall’appartenenza alla fede cattolica. Nel caso dei cattolici praticanti, i favorevoli alle pratiche basate sull’uso di gameti esterni alla coppia superano di poco il 30%. Inoltre, il 35,4% si dichiara d’accordo sulla diagnosi pre-impianto, con il 29,3% di favorevoli anche tra i cattolici praticanti. Molto più basso il consenso (13,9%) sulla possibilità di ricorrere alla maternità surrogata (il cosiddetto utero in affitto) e sulla possibilità di scegliere il sesso (9,5%).

Com’è noto, sull’utilizzo di gameti esterni alla coppia e sulla diagnosi preimpianto una serie di sentenze hanno modificato i contenuti originari della legge 40/2004. Di recente la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto della legge alle tecniche di inseminazione e fecondazione eterologa. In particolare sono decaduti l’articolo 4 comma 3 della legge e l’articolo 12 comma 1 che puniva “chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente” con sanzioni amministrative da 300 a 600mila euro.

 Dalla sua entrata in vigore sono state diverse le sentenze che hanno messo in discussione il divieto di effettuare la diagnosi pre-impianto. Recentemente il tribunale di Roma ha disapplicato la legge e applicato una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo per concedere ad una coppia di coniugi l’accesso alla diagnosi pre-impianto. Queste importanti modifiche possono contribuire a spiegare i livelli di conoscenza molto limitati sulla legge 40/2004. Solo l’11,4% del campione afferma di sapere che in Italia c’è una legge (la n° 40 del 2004) che regolamenta le pratiche di PMA. Le informazioni sui contenuti della legge e le procedure consentite e non, sono molto basse a fronte di percentuali di chi non sa pronunciarsi piuttosto elevate.

La piccola quota di campione che afferma di conoscere la legge ne dà un giudizio nel complesso non positivo, in termini di applicazione diversificata sul territorio nazionale e di limitazioni poste alle coppie, pur riconoscendo la necessità di regolamentare una materia così delicata e di valutare anche l’aspetto dei diritti dell’embrione. Il 60,6% afferma che la legge andrebbe modificata. Tra coloro che conoscono la legge, tendenzialmente più istruiti e di età intermedia il 45,8% vorrebbe eliminare le restrizioni sulla eterologa, a fronte del 42,7% del campione generale che ha affermato di essere favorevole ad almeno una tipologia di eterologa (in vivo o in vitro). Infine 2 su 3 eliminerebbero le restrizioni sulle coppie non sposate ed il 50% circa aprirebbe la PMA anche a single e coppie omosessuali.

Tutto il campione riconosce che oggi le coppie con problemi di infertilità devono affrontare non poche difficoltà e, come per coppie senza problemi che vogliono un figlio, sono ritenute prevalenti quelle economiche (66,9%). Un peso particolare è attribuito agli effetti della crisi che l’80,5% afferma essere un deterrente specifico anche per le coppie che devono ricorrere alla PMA. Tra le difficoltà con cui queste coppie devono fare i conti, una percentuale significativa cita quelle informative, tra cui il non sapere a chi rivolgersi (42,1%). Questa incertezza rispecchia la difficoltà emotiva che queste coppie devono affrontare (41,7%) oltre la solitudine, l’isolamento e la chiusura su se stessi, rispetto ad una difficoltà che rimane ancora difficile da comunicare e da condividere.

 

COMMENTO: Come ginecologa sono interpellata quasi quotidianamente per due richieste, apparentemente contradittorie, ma con un minimo comune multiplo in comune che è quello di diventare genitori consapevolmente.

La prima è la richiesta della contraccezione da studentesse, donne disoccupate, donne con lavori precari, donne che lavorano, donne in carriera, donne che non hanno una casa per accogliere una famiglia con prole e donne che, semplicemente, non hanno ancora incontrato il partner giusto. Tutte situazioni che non alterano il desiderio di maternità, ma condizionano fortemente il momento della scelta posticipandolo nel tempo.

Ma il tempo è veloce e se per i primi capelli bianchi risolviamo con un colpo di luce e per la prima ruga con un lifting, per la nostra salute in generale e, per quella dei nostri gameti in particolare, possiamo solo sperare nella benevolenza della natura e della nostra predisposizione genetica.

Da qui la seconda richiesta. Le donne che stanno cercando una gravidanza, ma… devono uscire da sotto le lenzuola e pagare un onorario al ginecologo. Il 70% circa di queste donne ha oltre 35 anni ed è alla ricerca del primo figlio. La metà di questa quota è vicina ai 40 e più. Le cause sono sia maschili che femminili. Da 35 ai 40 anni in buona parte e spesso con il nostro aiuto coronano il desiderio di maternità. Per le over 40 la riuscita, anche con tecniche di PMA, si attesta intorno al 10/15%. L’eterologa soprattutto in questa fascia di donne, se il partner ha un buon liquido seminale, ha percentuali di successo uguali a quelle dell’età della donatrice.

E allora, perché non pensarci prima? Il Social Eggs Freezing, ovvero il congelamento di ovociti e tessuto ovarico, se effettuato prima dei 35 anni può diventare una valida alternativa all’ovodonazione. In USA e in Inghilterra impazza. In Italia ancora oggi la donna che lo sceglie (oltre 500 interventi) non ne parla per non essere considerata “pazza”.

Dopo la pillola e la legge sull’aborto, il Social Eggs Freezing è il terzo capitolo della emancipazione femminile che riafferma il concetto della maternità consapevole.

Dott.ssa Fiammetta Trallo, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia

Image courtesy of Stuart Miles_  FreeDigitalPhotos.net