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Incapacità di intendere e di volere: annullamento degli atti compiuti

Incapacità di intendere e di volere: annullamento degli atti compiuti

L’annullamento degli atti compiuti da persona, che per una qualsiasi causa, si trovi in uno stato di incapacità (anche transitorio) di intendere e di volere

Gli anziani o altre persone affette da deficit cognitivi, anche temporanei, sono spesso preda di malintenzionati, pronti ad approfittare dell’inettitudine psichica della vittima.

In casi come questi occorre, innanzitutto, presentare denuncia/querela esponendo alla Procura della Repubblica i fatti penalmente rilevanti.

L’avv. Federico Lerro titolare dello Studio Legale LDS avverte che ci sono alcuni atti compiuti dall’incapace – sulla scorta delle indicazioni del malintenzionato – che non vengono giuridicamente meno, neanche a seguito di presentazione di denuncia/querela.

Per esempio, è il caso dell’incapace (che non sia interdetto) che stipuli contratti, disponga dei suoi beni, conceda ipoteca sul proprio immobile in favore di finanziamenti concessi ad altri etc.

L’atto compiuto dal soggetto affetto da un incapacità, anche temporanea, potrà essere annullato ai sensi dell’art. 428 cod. civ.

Detto articolo, infatti, prevede che “gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati, su istanza della persona medesima o dei sui eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore”.

Sul punto, l’avv. Lerro precisa che a fondare la sussistenza di una qualche incapacità naturale del soggetto è sufficiente, secondo la giurisprudenza, la semplice menomazione delle facoltà intellettive e volitive, suscettibile di escludere la capacità di autodeterminazione della persona.

L’art. 428, secondo comma, cod. civ., prevede poi che l’annullamento dei contratti conclusi dall’incapace naturale di agire non possa essere pronunciato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace di intendere e di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulti la malafede dell’altro contraente.

La Suprema Corte, sul punto, ha ritenuto che “ai fini dell’annullamento del contratto concluso da un soggetto in stato d’incapacità naturale, è sufficiente la malafede dell’altro contraente, senza che sia richiesto un grave pregiudizio per l’incapace; laddove, in concreto, tale pregiudizio si sia verificato, esso tuttavia ben può costituire un sintomo rivelatore di detta malafede.”

I professionisti dello Studio Legale LDS segnalano, in riferimento al secondo requisito dell’azione ex art. 428 cod. civ. (consistente, come si è detto, nella malafede dell’altro contraente), che “la malafede dell’altro contraente consiste unicamente nella consapevolezza che quest’ultimo abbia della menomazione dell’altro nella sfera intellettiva e volitiva, ed un cui indice rivelatore può essere costituito dal pregiudizio effettivo o potenziale arrecato al soggetto incapace”.

In ultimo, giova osservare che l’azione si prescrive nel termine di 5 anni dal giorno in cui il contratto o l’atto è stato compiuto.

Gli avvocati dello Studio Legale LDS, prima di agire, valutano ovviamente i presupposti dell’azione alla luce del caso concreto esperendo anche, con l’ausilio del medico legale dott. Paolo Galeazzi, un’analisi preliminare dello stato di incapacità.

Image courtesy of Simon Howden FreeDigitalPhotos.net