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Un limite della bozza di riforma del Nomenclatore Tariffario: non possono essere aggiudicati con gara gli ausili che necessitano di uno stretto adattamento alle esigenze del malato da parte del tecnico ortopedico

Un limite della bozza di riforma del Nomenclatore Tariffario: non possono essere aggiudicati con gara gli ausili che necessitano di uno stretto adattamento alle esigenze del malato da parte del tecnico ortopedico

Il Nomenclatore Tariffario in vigore, emanato nel lontano 1999, è il documento in cui sono elencati gli ausili e le protesi che possono essere erogate al malato dal Servizio Sanitario Nazionale.

In pratica è lo strumento di riferimento degli operatori del settore (medici prescrittori, produttori di ausili ortopedici, ortopedie e sanitarie, etc.) e dei malati e dei loro familiari, per poter curare malattie e disabilità, limitare i danni e le conseguenze di patologie croniche degenerative, ovvero garantire la migliore qualità di vita a chi patisce in modo indelebile e cronico i deficit del proprio stato patologico.

È evidente che tutto ciò che all’epoca della promulgazione del Nomenclatore – tra l’altro ideato nel 1995 – era moderno e all’avanguardia, a distanza di un ventennio è in gran parte obsoleto e inadeguato al progresso tecnologico che ha contraddistinto il settore e impedisce alle migliaia di disabili italiani l’accesso a nuovi strumenti di supporto che sicuramente potrebbero migliorare la loro qualità della vita.

Tutte le associazioni dei malati, le loro famiglie, i medici fisiatri e riabilitativi hanno da anni combattuto per ottenere l’aggiornamento di tale strumento, nulla ricevendo e ottenendo.

In una simile situazione di stallo, qualcosa è sembrato muoversi, poiché il Ministero della Salute unitamente ad alcuni Regioni, dopo tante promesse e plurimi tentativi di aggiornamento, ha finalmente ripreso in mano questo importante documento realizzando, nella riforma dei Livelli Essenziali di Assistenza, una bozza di revisione pubblicata a febbraio 2015.

La bozza in questione non contiene un semplice aggiornamento, ma una vera e propria rimodularizzazione degli elenchi dei dispositivi erogabili, con una maggior precisione descrittiva di ogni ausilio: tutto ciò agevola il lavoro del prescrittore che può attribuire al malato uno strumento terapeutico più adatto e performante.

Tuttavia, ci sono molte criticità, che da ultimo sono state evidenziate e discusse nel corso di REHA Conference, svoltasi a Roma il 15 maggio 2015, organizzata da Assortopedia, SIMFER (Società Italiana Medici Fisiatri e Riabilitativi) e dalla casa editrice Edisef.

In particolare, molti operatori del settore hanno esposto seri dubbi sulla opportunità di massificare l’approvvigionamento di dispositivi tecnici mediante l’espletamento di gare pubbliche al minimo ribasso.

Tra tutti, la Dott.ssa Maria Teresa Agati, Presidente del CSR di Confindustria (Centro Studi e Ricerca ausili tecnici per persone disabile) ha ritenuto sicuramente negativo che per l’erogazione dei dispositivi di serie, inclusi negli elenchi 2A e 2B, e per la determinazione dei relativi prezzi di acquisto, il contratto con i fornitori debba essere conseguente ad una aggiudicazione di gara pubblica: l’errore commesso dai riformatori consiste nel ritenere che ogni ausilio non costruito su misura possa essere acquistato tramite gare, che invece, come noto, non può sicuramente mettere a disposizione del malato una vasta gamma di modelli idonei a soddisfare le reali e individuali esigenze del singolo.

Con la gara, non è possibile rispondere alle precise necessità di ogni singola persona, che, a seconda della malattia di cui soffre, dello stato patologico raggiunto, delle particolari condizioni personali fisiche anche relativa alla altezza, al peso, all’immobilizzazione di arti o porzioni del corpo, ha diritto a ottenere dal SSN l’ausilio più idoneo scelto da una ampia gamma di modelli differenti tra di loro e proposti dal mercato: le caratteristiche normative che disciplinano oggi le gare pubbliche in Italia (qualità della fornitura, capillarità della distribuzione, etc.) non permettono di raggiungere tale obiettivo, fondamentale per i malati e per le famiglie.

Secondo la Dott.ssa Agati dovrebbe quanto meno essere rivisto l’elenco 2 “quello relativo ai dispositivi di serie, distinguendo in modo propriamente rispondente alla buona prassi riabilitativa le tipologie di ausili che debbono essere scelti, attraverso valutazioni e prove e condividendo la scelta con l’assistito, sulla base delle specifiche necessità dell’utente da quelle, di tipo assistenziale, che rispondono a bisogni più standard. Da questo si potrebbe far conseguire una suddivisione razionale ed incontestabile delle modalità di erogazione e fornitura: le prima, con percorso “ad personam”, le seconde anche “a gara”.

Anche il Segretario Nazionale di Assortopedia, Dott. Michele Clementi, ha criticato la bozza di riforma con riferimento alla modalità di acquisto a gara degli ausili contenuti nel primo elenco, che pur costruiti in serie, necessitano della presenza del tecnico ortopedico; la gara al minimo ribasso non può essere utilizzata quando deve essere acquistato per il malato un ausilio complesso, che deve essere necessariamente individuato dal professionista tra vari modelli offerti dai produttori: un tecnico non può proficuamente intervenire su un prodotto non scelto da lui per il singolo assistito, e non può operare quelle modifiche di cui necessità l’ausilio per essere funzionale al suo paziente.

Non è inoltre stato valutato dal riformatore che spesso – se non sovente – vi sono contestazione da parte di terzi all’aggiudicazione delle gare della P.A., con dispendio e aggravio di costi e tempi di fornitura del dispositivo; come pure, non è contemplata la possibilità di contestazione da parte del malato e del tecnico dell’ausilio assegnato in gara.

Stando così le cose, la riforma del Nomenclatore, a dispetto degli obiettivi ministeriali e regionali, di abbattimento della spese pubblica, rischia di incrementare molte voci di spesa dell’assistenza protesica: basti pensare che ogni gara, per essere indetta, ha bisogno di un iter di formazione e istruzione amministrativa che ha elevati costi, anche solo di personale preposto a tale compito.

Per chi opera nel settore della sanità, sia al fianco delle aziende produttrici e del tecnico ortopedico, sia al fianco dei diritti del malato, il danno potenziale è evidente.  Secondo l’Avv. Federico Lerro, dello Studio Legale LDS di Milano, il rischio è di fornire dispositivi costosi che non siano efficaci e adeguati ai bisogni del malato e che non siano utilizzabili correttamente dal tecnico ortopedico e riabilitativo.

Anche l’erogazione da parte del SSN di dispositivi tecnologicamente molto avanzati, può essere vanificata da una scorretta attribuzione di tale ausilio moderno ad una persona e ad un tecnico che non possono utilizzarlo con efficacia, perché non espressamente richiesto e desiderato.