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Rivoluzionaria pronuncia della corte di cassazione sul danno da morte immediata (c.d. danno tanatologico)

Rivoluzionaria pronuncia della corte di cassazione sul danno da morte immediata (c.d. danno tanatologico)

La generalità delle persone è portata a pensare, stante il valore supremo del bene vita, che l’improvvisa perdita di questa, a seguito di un incidente mortale, legittimi i propri congiunti ad ottenere un risarcimento, uguale nel quantum tanto nel caso in cui il decesso sia avvenuto immediatamente, quanto nell’eventualità che la morte sia intervenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo.

Purtroppo, nonostante la vita sia un diritto costituzionalmente garantito come inviolabile, la Giurisprudenza, per lungo tempo, in tema di risarcimento del danno, non ha equiparato la “morte immediata” alla “morte avvenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo”.

In effetti, la Giurisprudenza ha sempre riconosciuto e risarcito ai parenti della vittima il danno conseguente alla sofferenza patita dal de cuius prima di morire, purché tra le lesioni e il decesso fosse intercorso un apprezzabile lasso di tempo.

Invece, ai parenti della vittima morta sul colpo la Giurisprudenza maggioritaria ha negato il risarcimento di ogni voce di danno (c.d. danno da morte immediata o tanatologico) atta a risarcire la sofferenza patita da cui ne è derivata la morte della vittima.

All’atto pratico sarebbe come dire che, a seguito della lesione da cui deriva la morte di una persona, vi sarebbe sofferenza meritevole di risarcimento solo laddove questa fosse apprezzabilmente prolungata nel tempo.

I professionisti dello Studio Legale LDS precisano che “la costante Giurisprudenza non solo ha sempre negato la possibilità del risarcimento del danno tanatologico, ma ha anche escluso la sua esistenza, ritenendo che nel momento in cui un soggetto perde la capacità giuridica non matura il diritto al risarcimento del danno”.

Nel gennaio 2014, la stessa Suprema Corte, con sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, in consapevole contrasto con la propria precedente giurisprudenza, è pervenuta, invece, ad una conclusione diametralmente opposta.

In effetti, con la predetta sentenza, la Corte di Cassazione, nell’intento di voler superare il criterio dell’individuazione di un adeguato periodo di lucidità e di coscienza nella vittima del sinistro meritevole di risarcimento, ha ritenuto che il danno da perdita della vita è altro e diverso, in ragione del diverso bene tutelato, dal danno alla salute, e si differenzia dal danno biologico terminale e dal danno morale terminale (o catastrofale o catastrofico) della vittima, rilevando ex se nella sua oggettività di perdita del principale bene dell’uomo costituito dalla vita, a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia, e dovendo essere ristorato anche in caso di morte cd. immediata o istantanea, senza che assumano pertanto al riguardo rilievo la persistenza in vita all’esito del danno evento da cui la morte derivi”.

Nella innovativa pronuncia giurisprudenziale è stato statuito che “il diritto al ristoro del danno da perdita della vita si acquisisce dalla vittima istantaneamente al momento della lesione mortale, e quindi anteriormente all’exitus, costituendo ontologica, imprescindibile eccezione al principio dell’irrisarcibilità del danno-evento e della risarcibilità dei soli danni-conseguenza, giacché la morte ha per conseguenza la perdita non già solo di qualcosa, bensì di tutto; non solamente di uno dei molteplici beni, ma del bene supremo della vita; non già di qualche effetto o conseguenza, bensì di tutti gli effetti e conseguenze, di tutto ciò di cui consta (va) la vita della (di quella determinata) vittima e che avrebbe continuato a dispiegarsi in tutti i molteplici effetti suoi propri se l’illecito non ne avesse causato la soppressione”.

Per la quantificazione del danno da perdita della vita, la Suprema Corte ha statuito che “il danno da perdita della vita è imprescindibilmente rimesso alla valutazione equitativa del giudice”, nonché rimesso “alla prudente discrezionalità del giudice di merito”.

A seguito della suddetta pronuncia, lo scorso 4 marzo 2014, la Terza Sezione della Cassazione con ordinanza n. 5056/2014, preso atto del contrasto giurisprudenziale generatosi sul punto della risarcibilità iure ereditario del danno non patrimoniale da morte immediata, reso ancora più evidente a seguito della citata pronuncia n. 1361/2014, e tenuto conto della particolare importanza della questione, ha deciso di investire sull’argomento le Sezioni Unite della Corte di legittimità, che al momento non si sono ancora pronunciate.

Speriamo, quindi, di poterVi aggiornare presto sul punto.

Image courtesy of David Castillo Dominici  FreeDigitalPhotos.net