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La morte di un proprio caro: il danno da perdita parentale

La morte di un proprio caro: il danno da perdita parentale

Il risarcimento del danno da perdita parentale, alla luce delle Tabelle di Liquidazione adottate dal Tribunale di Milano e di Roma e ulteriori danni risarcibili.

A seguito della morte di un proprio caro, rimasto purtroppo vittima incolpevole di un sinistro stradale, i congiunti più prossimi – in linea di massima il genitore, il figlio, il coniuge/convivente, il fratello – hanno diritto al risarcimento del c.d. danno da perdita parentale.

Il risarcimento di questo danno viene, infatti, riconosciuto al parente superstite a ristoro, per quanto possibile, del vuoto affettivo, materiale e morale, lasciato dalla perdita improvvisa del proprio caro, della rottura del precedente regime di vita e della sofferenza psicofisica patita dal congiunto rimasto in vita.

Il danno da perdita parentale viene quantificato generalmente sulla base di Tabelle di liquidazione, che sono state, negli anni adottate e poi nel tempo aggiornate, tanto dal Tribunale di Milano quanto dal Tribunale di Roma.

L’Avv. Alessandra Giordano dello Studio Legale LDS precisa che “lo scopo sia della Tabella del Tribunale di Milano che di quella del Tribunale di Roma è quello di assicurare una certa uniformità (per quanto possibile) di liquidazione del danno da perdita parentale”.

In concreto, le predette Tabelle di quantificazione del danno da perdita parentale costituiscono il punto di partenza per effettuare un calcolo, che altrimenti risulterebbe difficoltoso, se non addirittura impossibile.

Tuttavia, il calcolo alla luce delle predette Tabelle deve necessariamente personalizzarsi, in quanto queste andranno interpretate alla luce delle evidenze risultanti nel caso concreto.

Se si dà, infatti, uno sguardo anche sommario alle Tabelle in discorso, salterà subito all’occhio, anche ad un osservatore inesperto, che la Tabella del Tribunale di Milano 2014 si limita a stabilire una somma minima e una massima (per esempio, per il fratello della vittima deceduta, la Tabella anzidetta prevede un minimo di circa 23.740,00 ed un massimo di circa 142.420,00); mentre la Tabella del Tribunale di Roma, più concretamente, assegna dei punti variabili a seconda della relazione di parentela con il congiunto deceduto (genitore, figlio, fratello, coniuge, etc.), dell’età della vittima e del congiunto, della convivenza e della composizione del nucleo familiare, con possibilità di diminuzione del punteggio fino ad ½, applicato sulla base dell’intensità del rapporto affettivo e della mancanza di convivenza.

L’Avv. Federico Lerro dello Studio Legale LDS avverte che “sia che si applichi la Tabella del Tribunale di Milano che quella del Tribunale di Roma (quindi, rispettivamente, sia che si debba individuare una quantificazione del danno da perdita parentale tra un range minimo e massimo -tabella del TRIBUNALE DI MILANO-, sia che si debba assegnare un punteggio ideale a determinati fattori del rapporto di parentela -tabella del TRIBUNALE DI ROMA-) occorrerà tanto in via stragiudiziale (alla Compagnia Assicurativa) quanto in via giudiziale (al Giudice adito) provare la tipologia del rapporto intercorrente tra il parente superstite e il caro deceduto (vicinanza affettiva, frequentazione abituale, attività svolte unitamente al proprio caro, la sofferenza patita alla luce della personalità del familiare superstite)”. Insomma, anche il danno da perdita parentale ha una sua personalizzazione in base alle reali circostanze che caratterizzavano la vita del parente superstite e del proprio caro, assolutamente da non sottovalutare e da tralasciare.

Più precisamente:

(i)                 il risarcimento sarà ovviamente tanto maggiore, quanto più stretta sarà stata la frequentazione, la vicinanza materiale e, quindi, morale (cosa che ad esempio la convivenza rende presumibile) tra il de cuius e il suo congiunto supestite;

(i)                  il risarcimento sarà ovviamente tanto maggiore, quanto più giovane sarà stata l’età dell’uno – il de cuius – o dell’altro – il congiunto – o di entrambi, in ragione dell’aspettativa di vita insieme e della condivisione del percorso di crescita personale lungo l’arco della vita;

(ii)               il risarcimento sarà ovviamente tanto maggiore in assenza di altri familiari, in quanto difficilmente si potrà sostituire quell’affetto del caro scomparso e quell’aiuto morale e materiale che quest’ultimo necessariamente apportava.

Questo spiega perché non tutti i congiunti del de cuius ottengano un risarcimento per la perdita del proprio caro e perché, tra quelli che ottengono un risarcimento, ad alcuni viene risarcita una somma maggiore e ad altri una inferiore.

Al danno da perdita parentale, si deve aggiungere eventualmente un’altra voce di danno c.d. iure hereditatis, riconosciuto ai congiunti del de cuius generalmente qualora tra le lesioni e la morte sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo. In particolare, in questo caso, il diritto a chiedere il risarcimento del danno matura direttamente in capo alla vittima del sinistro e, con la sua morte, si trasmette agli eredi.

Tale ultimo diritto al risarcimento del danno non era, fino a qualche tempo fa, riconosciuto dalla Giurisprudenza ai parenti della vittima morta sul colpo (c.d. danno da morte immediata o tanatologico). Su tale questione, si è in attesa di conoscere la pronuncia delle Sezioni Unite investita della rilevante questione, insorta a seguito dell’innovativa pronuncia della Corte di Cassazione n. 1361/2014, che riconosce il risarcimento del danno anche ai parenti della vittima morta nell’immediatezza dell’evento.

In ultimo, si evidenza che potrà essere aggiunta un’ulteriore voce di danno, laddove tra il parente superstite e il caro deceduto era in essere un’attività professionale, commerciale o autonoma, gestita da entrambi o con l’apporto di lavoro da parte di entrambi, alla quale il decesso del congiunto ha cagionato ritardi, inadempimenti, difficoltà, concretamente dimostrabili.

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